Prima di parlare di qualunque tassazione bisognerebbe sperimentare ogni possibilità di tagliare la spesa pubblica. Chi governa ha la responsabilità di fare delle scelte, anche impopolari, prima di scaricare sulle spalle dei cittadini la propria incapacità di scegliere. E di prendere la strada opposta rispetto a quella seguita sin qui dalla sinistra ancora convinta che si debba fissare il livello di spesa pubblica e definire le tasse per coprirlo.
Eppure, di rami secchi da tagliare ce ne sono tantissimi. Serve piuttosto un “giardiniere” coraggioso più che abile perché il lavoro da fare è già lì sotto i suoi occhi. Basta solo volerlo vedere.
Perché facciamo questa premessa? Perché stiamo seguendo con attenzione la partita dei tagli agli enti locali che si apre con la manovra. Secondo il Documento programmatico di bilancio (Dpb) si parla per il 2025 di un “concorso degli enti locali al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica” il cui saldo finale è di 350 milioni. Alla cifra si arriva considerando gli 800 milioni di contributo meno i 450 milioni previsti invece per il sostegno alla finanza pubblica locale.
Per gli anni successivi, nel 2026 viene richiesto agli enti territoriali un impegno a favore della finanza pubblica per circa 1 miliardo, mentre nel 2027 sarà lo Stato a garantire interventi netti per 1,1 miliardi.
Il neopresidente dell’Ali (Autonomie locali italiane) e sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha già iniziato a protestare: “Nella roulette della finanza pubblica la pallina dei sacrifici gira e non si sa bene dove andrà a finire, su noi Comuni è caduta troppo spesso”.
Sarà, ma dai quotidiani che leggiamo ogni giorno riprendiamo due esempi di rami da tagliare prima di battere cassa. E il primo caso riguarda proprio la capitale.
Sul Messaggero del 18 ottobre 2024, a pagina 35, leggiamo un interessante articolo firmato da Camilla Mozzetti su quanto costa proteggere i dipendenti dell’Ama dalle zanzare pure nel pieno dell’autunno dentro ai cimiteri di Roma. L’azienda municipalizzata dei rifiuti, sul finire dell’estate, si era infatti preoccupata di fornire ai propri dipendenti gli strumenti necessari per difendersi dalle punture.
Con la determina numero 269 del 19 agosto, si legge nell’articolo, il direttore del servizio ha firmato l’affidamento diretto per la fornitura di 2.016 pezzi di “repellente per insetti Autan Tropical” al costo di 17.438,40 euro a cui si aggiungeva l’Iva. Nei fatti, ogni singolo flacone è venuto a costare 10,55 euro. Secondo il sindacato, e in effetti una rapida verifica su Amazon lo conferma, possono essere acquistati sulle più note piattaforme di e-commerce anche a meno di 7 euro. Perché spendere così tanto di più?
L’Ama, interpellata al riguardo dal Messaggero, fa sapere che ogni procedura è stata seguita in maniera “idonea, trasparente e congrua ai prezzi di mercato” ma i sindacati hanno protocollato una richiesta di chiarimenti. Anche perché nella determinazione di affidamento diretto, dicono, “non viene indicato il nominativo del soggetto affidatario della fornitura né chi sarebbe il fornitore prescelto”.
Altro piccolo esempio di spreco, che questa volta ci arriva da Napoli. E dal Corriere del Mezzogiorno del 27 settembre. In questo caso non si tratta di trovare uno spray per allontanare le zanzare ma di trovare un sistema per convincere i consiglieri a partecipare alle sedute del Consiglio comunale di Napoli. Che a fine settembre è saltato per mancanza del numero legale. Lo stesso era successo il 17 settembre.
Nel 2021, con Gaetano Manfredi eletto sindaco il 4 ottobre, le sedute sono state appena 5 e tutte andate a buon fine. Già nel 2022, invece, tra sedute mai cominciate (2) e sedute saltate alla richiesta del numero legale (3) su 26 sedute convocate, è venuto meno il 19,23% delle sedute totali. Trend che si è impennato nel 2023 quando, su 28 sedute, 3 (il 10,71%) non sono state valide per mancanza del numero legale; e altre 10 sono invece saltate in corso d’opera, per il venire meno del numero legale in corso d’opera, per un totale del 46,43% di flop della maggioranza, perché essa deve comunque sempre garantire il numero legale al sindaco.
Questione letteralmente deflagrata quest’anno, il 2024: la percentuale di flop su 21 sedute d’aula finora convocate ha toccato la soglia preoccupante del 66,67%, frutto di 5 Consigli che non sono neppure cominciati perché all’appello non c’erano almeno i 21 consiglieri (23,81%) e altre 9 (42,86%) saltate per mancanza del numero legale all’appello richiesto in corso di seduta. Dato molto preoccupante, viene sottolineato nell’articolo, se si considera che su 49 sedute complessive in 21 mesi ben 27, a vario titolo, sono saltate, cioè il 55,10% con una media che supera una seduta su due.
Chiudiamo la riflessione con un terzo caso di sprechi che non riguarda gli enti locali ma un’azienda controllata dallo Stato e alla quale contribuiamo attingendo dalle nostre tasche tutti noi italiani con il canone: la Rai. Come ha ben ricordato il Foglio in un articolo di Salvatore Merlo, oggi alla Rai lavorano circa 1.200 giornalisti, di cui circa 22 direttori, circa 22 condirettori, circa 40 vicedirettori, 208 capiredattori, 327 capiservizio, e 430 vice capiservizio.
“Si stenta a credere a queste cifre. Ma in azienda ci sono più giornalisti che notizie”, ha commentato Merlo. Commento che condividiamo in toto.
Sullo sfondo, la premessa da cui siamo partiti. E altri numeri. Quelli diffusi a gennaio 2024 dalla Cgia di Mestre secondo cui gli sprechi e le inefficienze della pubblica amministrazione costano agli italiani 180 miliardi di euro, più del doppio dell’evasione fiscale. Tra le principali inefficienze della PA, secondo l’ufficio studi, ci sono il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la burocrazia, pari a 57,2 miliardi; i debiti commerciali della PA nei confronti dei fornitori per 49,5 miliardi; la lentezza della giustizia, che costa al sistema Paese 2 punti di Pil pari a 40 miliardi; inefficienze e sprechi nella sanità per 24,7 miliardi all’anno; e nel trasporto pubblico locale, sprechi per 12,5 miliardi all’anno.
Urge un giardiniere.