“Vi è un rischio crescente che l’UE possa pagare due volte per il medesimo intervento”. È questa la conclusione preoccupante a cui è giunta la Corte dei conti europea in una relazione pubblicata il 21 ottobre 2024. Per il programma della Ue di ripresa post-pandemica è stato usato per la prima volta su ampia scala un nuovo meccanismo di finanziamento non basato sugli effettivi costi sostenuti. Ebbene, secondo i risultati dell’audit della Corte, “in questo contesto sono stati messi a disposizione importi senza precedenti che possono sovrapporsi ai finanziamenti tradizionali provenienti dal bilancio della Ue. Tuttavia, i meccanismi di controllo esistenti non sono sufficienti per mitigare in modo adeguato l’accresciuto rischio di doppio finanziamento”.

I fondi della politica di coesione nel periodo di bilancio 2021-2027 apporteranno rispettivamente 358 e 34 miliardi di euro. Però il fondo da 648 miliardi per la ripresa post-COVID-19, ossia il dispositivo per la ripresa e la resilienza istituito nel 2021, finanzia anch’esso interventi in aree simili, come infrastrutture di trasporto ed energia. Inoltre l’RRF è il primo strumento a fornire su larga scala un sostegno finanziario dell’UE non collegato ai costi effettivi, modalità che accresce il rischio che lo stesso elemento riceva due volte sussidi dell’UE. “Il doppio finanziamento costituisce un uso improprio dei fondi dell’UE e uno spreco del denaro dei contribuenti dell’UE. Ciononostante, le misure di salvaguardia esistenti sono largamente insufficienti”, ha sottolineato Annemie Turtelboom, membro della Corte responsabile dell’audit. “Il modello di finanziamento dell’RRF era inteso come una forma di semplificazione. Ma la semplificazione non dovrebbe comportare l’indebolimento della tutela degli interessi finanziari dell’Ue.” La Corte osserva anche che il quadro giuridico non è stato adattato ai differenti modelli di spesa ora esistenti. Di fatto, la definizione di doppio finanziamento contenuta in detto quadro non è adatta al modello di finanziamento dell’RRF, in base al quale le erogazioni non sono connesse ai costi, ma premiano invece il conseguimento dei traguardi e degli obiettivi. In aggiunta, una parte significativa dei finanziamenti dell’RRF – per la quale riforme e altre attività vengono ritenuti “senza costi” – è semplicemente ignorata, perché la Commissione europea la ritiene esente dal rischio di doppio finanziamento. I giudici di Lussemburgo però non concordano. Dato che c’è confusione circa la disposizione normativa sul doppio finanziamento, “permangono anche incertezze su quali controlli vadano attuati per contrastare efficacemente questo rischio”, viene aggiunto.

Non solo. Dal punto di vista degli Stati membri, i numerosi livelli di governance coinvolti rendono molto difficoltosi il coordinamento e la sorveglianza. In questo contesto, la verifica dell’assenza di doppio finanziamento è basata in larga parte su autodichiarazioni presentate dai destinatari dei fondi dell’UE. Eventuali controlli incrociati sono effettuati principalmente in modo manuale, limitando così la capacità di svolgere controlli di scala appropriata. “Poiché gli strumenti informatici non sono interoperabili, il doppio finanziamento è difficile da individuare”.  E anche per quanto riguarda la Commissione europea, “le garanzie che essa fornisce circa l’assenza di doppio finanziamento sono basate su elementi probatori limitati”, evidenzia l’audit. Secondo la Corte, ciò è dovuto a zone d’ombra nella concezione stessa dell’RRF, che generano una lacuna in termini di obbligo di rendiconto. Poiché il pagamento è legato al conseguimento di traguardi e obiettivi a livello nazionale, di fatto la Commissione non conosce i dettagli della spesa sul campo. Ad esempio, la Commissione non ha nemmeno accesso diretto all’elenco completo dei destinatari finali nei paesi. Questo esempio illustra come la capacità disponibile non è sufficiente a prevenire e a individuare potenziali casi di doppio finanziamento.

Il compito della Corte dei Conti Ue, ricordiamolo, è quello di controllare che il denaro dei contribuenti sia speso bene e adottando le strategie giuste. Ma le ultime relazioni pubblicate dimostrano che non è così. Lo scorso 15 ottobre, il rapporto annuale sulle finanze della Ue ha mostrato come aumenti la spesa irregolare nel bilancio dell’Unione. È Secondo la Corte il tasso di errore nella spesa di 191,2 miliardi di euro finanziata dal bilancio è stato del 5,6 % per il 2023 (nel 2022 era al 4,2% e nel 2021 al 3%). Il dispositivo di ripresa post Covid (48 miliardi di spesa) è inficiato da debolezze sistemiche e da pagamenti irregolari e il crescente indebitamento pesa sempre più sulle finanze della Ue. Sono stati individuati dall’audit alcune debolezze nella concezione dei traguardi e degli obiettivi, nonché problemi persistenti connessi all’attendibilità delle informazioni incluse dagli Stati membri nelle rispettive dichiarazioni di gestione. La Corte ha riscontrato pagamenti effettuati senza che fossero state soddisfatte tutte le condizioni applicabili, nonché debolezze nei sistemi di controllo degli Stati membri. I giudici di Lussemburgo esprimono, dunque, preoccupazione e hanno emesso un giudizio di audit negativo sulla spesa relativa al 2023 sottolineando che l’ingente aumento del tasso di errore stimato è causato in gran parte dagli errori rilevati nella spesa per la coesione, che raggiungono il 9,3 % (2022: 6,4 %). Una delle ragioni per cui le amministrazioni nazionali stentano ad assicurare un finanziamento appropriato dei progetti di coesione, viene spiegato nella relazione, potrebbe risiedere nel fatto che devono spendere in tempi stretti denaro proveniente da fondi Ue che sono in concorrenza tra loro.

Lo scorso 25 settembre un altro audit della Corte ha mostrato che i finanziamenti del fondo fiduciario di emergenza dell’UE per l’Africa (EUTF) “non sono sufficientemente concentrati sulle sue priorità: affrontare le cause profonde dell’instabilità, della migrazione irregolare e degli sfollamenti nel continente africano”. Nonostante la Corte avesse raccomandato nel 2018 un uso più mirato del sostegno dell’EUTF, i finanziamenti speciali per affrontare la migrazione restano “spalmati su una serie di azioni troppo vasta nei settori dello sviluppo, degli aiuti umanitari e della sicurezza. Inoltre, i risultati comunicati sono poco precisi ed i rischi per i diritti umani non sono affrontati in modo adeguato”. E ancora: l’11 settembre la Corte dei conti europea ha sottolineato che il contributo del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) all’azione per il clima e alla transizione verde “non è chiaro”. La Commissione Ue ha valutato che, a febbraio 2024, le misure a sostegno degli obiettivi climatici della Ue hanno raggiunto il 42,5 % (ossia 275 miliardi) dei fondi dell’RRF. Tuttavia, la Corte avverte che detti contributi potrebbero essere sovrastimati di almeno 34,5 miliardi, oltre a presentare “ulteriori problematiche”. I giudici hanno inoltre rilevato “debolezze nei traguardi e obiettivi delle azioni pertinenti per il clima, nella rendicontazione delle spese effettivamente sostenute e nella compatibilità ambientale di alcuni progetti etichettati come verdi”. Insomma, “alcune misure non erano così verdi come apparivano”. Per esempio: un progetto che “ha letteralmente intorbidito le acque era un impianto ad accumulazione con pompaggio per il quale il significativo impatto ambientale non è stato valutato prima di concedere il finanziamento”.

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