“Da oggi la bella vita è finita”. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha realizzato una campagna di comunicazione per contrastare l’evasione fiscale. Nello spot di un governo di centrodestra, di cui fa parte anche la Forza Italia fondata da Silvio Berlusconi, ci sono tutti i cliché cavalcati dalla sinistra (e forse condivisi anche dai nostalgici della destra sociale) sugli evasori: la collanazza d’oro del protagonista (l’evasore), le ostriche, i tagliolini con tartufo, l’aragosta, lo champagne. Mancano solo la Porsche o la Lambo e la foto alla dogana svizzera. L’”evasore” dello spot si siede al ristorante e ordina i cliché di cui sopra. “Tanto non paga lui, paghi tu”, recita la voce fuori campo, che poi aggiunge: “Ma da oggi la bella vita è finita. L’evasione si paga. Da oggi ancora più controlli e sempre meno evasori”. Fine.

Ora, caso vuole che lo scorso 25 ottobre, la proprietaria de La Tipografia sia stata ospite di Davide Parenzo all’Aria che tira su La 7. Tema: l’evasione fiscale. Partendo da un servizio dedicato alla storia di Franco Padellaro e sua moglie Marisa, entrambi 80enni, che se la sono ritrovata nella cassetta della posta, inviata direttamente dal Fisco una cartella da quasi 500mila euro. Un conto salatissimo per tasse non pagate, arrivato dopo oltre 20 anni che i due anziani non possono pagare. Segue collegamento con la coppia e l’inviata dell’Aria che tira. Quando la proprietaria de La Tipografia viene chiamata ad intervenire fa quello che è il suo mestiere, ovvero la giornalista. E pone alla coppia di anziani una domanda: prima della mega cartella da 500mila euro il Fisco vi aveva mandato altri avvisi di accertamento? L’inviata precisa che delle cartelle esattoriali relativi all’azienda di proprietà di Padellaro (un’officina meccanica con 8 dipendenti a Ciriè, in provincia di Torino) chiusa nel 2004 erano già arrivate, sempre con i tempi del fisco pe4ché si riferivano a tasse non pagate nel ‘98 e notificate nel 2009. Poi, arriva la risposta della signora Marisa: “Si trattava di una cartella da 80mila euro, io 80mila euro dove li andavo a prendere? La mettevo lì, pensando aspettiamo un po’ magari si son sbagliati, è andata così”.

Già. E’ andata così. Senza ostriche, champagne, tartufo o aragosta perché quello è il cliché sinistro dell’evasore. Mentre i due anziani sono il lato de amicisiano dell’evasione, i tartassati fiscali da libro Cuore. Che dimostrano proprio quello che i fan delle patrimoniali e del daje all’evasore col Porsche fanno finta di non capire. Ovvero che molti italiani non sono un popolo di avidi evasori da correggere o stangare o raddrizzare ma in molti casi vittime di una burocrazia punitiva.  Che la lotta all’evasione non si fa solo con metodi repressivi ma anche, o forse soprattutto, attraverso una legislazione fiscale più equa e giusta. Certo, il fisco amico non lo sarà mai, non chiedeteci di dire che le tasse sono bellissime (cit.). Basterebbe applicare entrambi i due commi dell’articolo 53 della Costituzione: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Ps. Mentre la athena de La Tipografia stampava questa riflessione, alla Camera dei Deputati veniva presentato l’ultimo report del Centro Studi Itinerari Previdenziali: “I contribuenti che in Italia dichiarano almeno 35mila euro sono circa 6,4 milioni, il 15,27% del totale, ma pagano il 63,4% delle imposte mentre quelli che dichiarano meno di 15mila sono poco meno di 17 milioni (il 40,35% del totale) e pagano l’1,29% dell’Irpef complessiva. Il 75,80% dei contribuenti dichiara redditi da zero fino a 29mila euro, si legge, corrispondendo solo il 24,43% di tutta l’Irpef, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa sanitaria”. La morale del rapporto? La riassume molto bene il presidente del centro studi, Alberto Brambilla: “Un grande parte di italiani – conclude Brambilla – ne paga così poche o non ne paga affatto da risultare totalmente a carico della collettività. E’ il ritratto di un Paese con una forte redistribuzione principalmente a carico dei redditi sopra i 35mila euro lordi l’anno, che peraltro non beneficiano, se non marginalmente, di bonus, sgravi e agevolazioni, in assenza di controlli su una spesa assistenziale che cresce a tassi doppi rispetto a quella previdenziale”.

Lo spot del Mef recita: “Da oggi la bella vita è finita”.  Ma la bella vita di chi?

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